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Quando scatto una foto, sono consapevole di cosa sto facendo.
Quando postproduco una foto, sono consapevole di cosa sto facendo.
Quando discuto su una foto, sono consapevole di cosa sto dicendo.
Quando qualcuno mi chiede se ho abusato di photoshop, quel qualcuno non è consapevole di cosa sta dicendo.
Quando qualcuno mi dice che gli smarphone di oggi fanno ciò che fa una reflex, quel qualcuno non è consapevole di cosa sta dicendo.
BOBAZZA…
Ciao! Ti ho nominato nel mio articolo
https://flaminiatorni.wordpress.com/2015/03/18/liebster-award/
“Quando qualcuno mi chiede se ho abusato di photoshop, quel qualcuno non è consapevole di cosa sta dicendo.” Lei è libero di pensare e dire ciò che le pare ma
mi permetto però farle osservare che fotoshop nulla ha a che vedere con la fotografia, con lo specifico fotografico intendo. La fotografia non è la bella e perfetta riproduzione di ciò che ci sta davanti agli occhi, quella si chiama illustrazione da calendario. No gentile signore, la fotografia è concettualmente rivelazione e mistero; interpretazione e conoscenza; emozione e rabbia, e così via. Variando, talvolta impercettibilmente, il sottile rapporto che intercorre tra i parametri da gestire ll fotografo può ricavare dall’immagine del reale che ha davanti un’altra immagine, non immediatamente visibile o non da tutti percettibile. Un’ombra più densa, una tonalità più pallida ed ecco un significato, un brivido, una gioia o un pianto. E’ complessa la forma dell’universo caro signore, e ciò che ci sta davanti non è esattamente come lo vediamo, bisogna pertanto cercare, indagare e poi saper rivelare. In questo mondo non esiste fotoshop, qualunque fantasia, qualunque modifica, qualunque variazione, qualunque artifizio viene in mente al fotografo, lo specifico fotografico consiste nel realizzarlo al momento dello scatto. Sono parecchi i mezzi disposizione: la sensibilità del target, i filtri, la luce, il diaframma, il tempo, l’angolazione, la trasparenza, il momento, la lunghezza focale, le aberrazioni ottiche etc. etc. Fotografare è portare alla luce, rendere percettibile, portare alla coscienza ciò che prima non c’era. Guardare, guardare tanto, tutto e intensamente fino a che gli occhi fanno male. Quelli che alterano le immagini con fotoshop o programmi simili, lo fanno perché non sono riusciti a fotografare l’invisibile, il non immediatamente e facilmente percettibile. Sono costretti pertanto a cercarlo nell’artifizio, nell’effetto a tutti i costi, nella alterazione e nella modifica spettacolare ma sempre grossolana. Accade spesso di confondere il soggetto con la sua riproduzione. La foto di un bel tramonto non necessariamente è una bella foto. Quella è soltanto una bella immagine, che è cosa diversa assai da una bella fotografia. Una bella fotografia è il risultato di una serie di processi mentali i quali vengono poi messi uno per uno in relazione ai tanti elementi di un complesso sistema ottico meccanico. Tale sistema viene dalla mente manipolato al punto da restituire ciò che chiamiamo immagine e che corrisponde quasi perfettamente ad una creazione della nostra mente a partire da quella porzione di universo che il nostro sguardo ha percepito.
L’ipotetica immagine del tramonto dell’esempio suddetto sarebbe una bella fotografia se il suo esecutore avesse percepito di esso un aspetto non immediatamente riconoscibile e poi utilizzando gli strumenti propri della fotografia: sensibilità, gamma, diaframma, fuoco, profondità di campo etc. ed avesse poi, mediante il sapiente uso di detti strumenti ,restituito una “ creazione “ un qualcosa cioè che solo il suo gesto ha reso percettibile. Avevo un amico che si divertiva a fotografare le giostre. Le sue immagini ridondavano di luci, colori, bimbi, cromature, riflessi etc. Ma tutte, nessuna esclusa, erano profondamente tristi. Ecco il valore dell’intelletto fotografico, esso si occupa della struttura dell’universo fisico e mentale, struttura che occultata allo sguardo ed alla comprensione dei più, si manifesta soltanto alla mente di colui che sa cosa e dove cercare. Fare la riproduzione fotografica di una bella situazione sono bravi tutti, produrre una emozione è un’altra faccenda: l’immagine in quanto apparenza o coincidenza dei molteplici aspetti dell’universo intorno a noi cioè. Il soffio dell’aria, i movimenti della mente, la vibrazione di una energia che una massa di energia più grande spezza e ne devia percorso e intensità, il volo di un suono che incontra una goccia di pioggia, un bagliore ecco : è “l’inconoscibile” che dobbiamo fotografare. Non sono riuscito a sorvolare su questo post, non ce l’ho proprio fatta, e questo mi dispiace perché così ho spiegato dei concetti fotografici di alto livello ed ho pertanto fatto una lezione che non credo sia meritata.
Con rispetto e scusandomi se ho urtato la sua suscettibilità, Salvo Saia.
Le rispondo volentieri. Si, perché uno che da lezioni a chi non le merita deve essere proprio un gran maestro a cui devo dare tutta la mia attenzione.
Avrei risposto al vetriolo, poi ho sbirciato il suo blog e ho capito che non ne valeva la pena.
Apprezzo comunque le sue parole, ha definito benissimo la fotografia; o meglio, uno dei suoi tanti aspetti.
Ma andiamo con ordine.
Che photoshop non faccia parte dell’universo fotografico è una delle più grandi fesserie che abbia sentito in questi anni di scatti. Come se la camera oscura non si prestasse alla postproduzione. Ma evidentemente lei non sa nemmeno cosa essa sia, che significato abbia o perché si faccia. Le chiedo, i suoi scatti monocromatici come vengono fuori? Scattando in monocromia direttamente con la reflex? E, se così fosse, non è postproduzione quella? Che la faccia photoshop o uno stupido algoritmo della reflex, non è forse la stessa cosa? Lei scatta in raw o in jpg?
E dire che io sono uno dei più grandi detrattori dell’abuso di postproduzione, come avrà sicuramente avuto modo di capire leggendo il mio articolo dedicato qui.
La fotografia ha mille sfacettature, mille interpretazioni e ognuno la intende a modo suo. C’è chi la definisce finzione, chi la definisce riproduzione, chi la definisce estetica pura. Eppure persiste ancora chi vuole dire al prossimo cos’è più giusto. Ma allora, mi spieghi, chi fa reportage non fa vera fotografia perché riproduce la realtà che ha davanti agli occhi?
” Quelli che alterano le immagini con fotoshop o programmi simili, lo fanno perché non sono riusciti a fotografare l’invisibile, il non immediatamente e facilmente percettibile. Sono costretti pertanto a cercarlo nell’artifizio, nell’effetto a tutti i costi, nella alterazione e nella modifica spettacolare ma sempre grossolana.”
Questa affermazione in alcuni casi è vera; anzi, in sempre più casi purtroppo. E la fortuna è che si vede…si, perché si scatta col cellulare e si usa Istagram. Chi invece usa PS per esaltare uno scatto ha già tirato fuori quel che voleva mentre scattava. Il vero fotoamatore o fotografo non altera proprio nulla e se lo fa è per dare un effetto che già aveva in mente quando ha visto la scena da dentro l’oculare e molto spesso anche prima.
Inoltre, tirare fuori messaggi incredibili non è sempre possibile. Pensi ad un reportage architettonico; il grande Basilico ha raccontato tanto con le sue immagini, eppure erano “semplici” immagini di palazzi e città (Berlino, Beirut) in bianco e nero.
Tornando alla mia frase, vedo che mi tocca spiegarla purtroppo. Credevo fosse chiaro che è rivolta a chi non è addetto ai lavori e che crede che le foto vengano belle grazie ai programmi da pc. Lei non l’ha colta purtroppo.
“Fare la riproduzione fotografica di una bella situazione sono bravi tutti”
Sorvolando sull’italiano, anche questa è una baggianata; lo diceva anche Terzani: “la fotografia, clic, la sanno fare tutti”.
Mai sentito parlare di composizione? Mica tutti sanno comporre immagini accattivanti! E’ questo che distingue un fotografo da uno che scatta a caso con lo smartphone.
Potrei replicare avanti, ma mi son già dilungato troppo; la saluto e torni a farmi visita quando ha piacere
Mi sono mantenuto sul generico; non mi sono permesso considerazioni o valutazioni personali come invece ha fatto lei: ” Le rispondo volentieri. Si, perché uno che da lezioni a chi non le merita deve essere proprio un gran maestro a cui devo dare tutta la mia attenzione.
Avrei risposto al vetriolo, poi ho sbirciato il suo blog e ho capito che non ne valeva la pena. – ” è una delle più grandi fesserie che abbia sentito in questi anni di scatti ”
– ” Ma evidentemente lei non sa nemmeno cosa essa sia, che significato abbia o perché si faccia ” e per finire ” Sorvolando sull’italiano, anche questa è una baggianata ” E quest’ ultima, mi consenta , è una vera e propria caduta di stile ed uno sprofondare sul piano dell’educazione. ( E pensare che mi ero anche scusato se avevo in qualche modo urtato la sua suscettibilità )No, credo proprio di non avere alcun piacere di tornare a farle visita.
Non si è permesso considerazioni o valutazioni personali? e allora quando dice “così ho spiegato dei concetti fotografici di alto livello ed ho pertanto fatto una lezione che non credo sia meritata.” non ha toccato tasti personali?
Se non vuol tornare su questo blog la capisco, ci mancherebbe; il mondo è libero e democratico, ognuno fa ciò che vuole (nei limiti della legalità). Ovviamente non era mia intenzione mancarle di rispetto e mi scuso se è trasparito questo atteggiamento.
Signor Gialloesse, ha espresso dei concetti di fotografia che meriterebbero un ottimo Whiskey o una birra fresca, da sorseggiare seduti ad un tavolo in un clima di relax.
E’ che, al di là delle possibili verità e della pomposità del lessico adottato, si è comunque addentrato in aspetti filosofici della fotografia aizzandosi nei confronti di Marco, che le possono garantire essere una persona, e in questo caso un fotoamatore, dotato di sensibilità ed intelligenza.
Penso che lei, molto semplicemente, abbia travisato le parole e le intenzioni del buon Marco, esibendosi in una lezione fotografica interessante, forse di spessore, talvolta pungente, sicuramente da approfondire… ma che torno a ribadire, bacchetta marco su concetti da lei espressi che non mi pare gli appartengano.
E non servono le mie parole a giustificarlo, basterebbe avere la pazienza di spulciare le sue foto per percepire la “naturalità” che ne traspare e non certo l’artificio al quale alludeva. Ad oggi, in ogni caso, Photoshop è uno strumento importante per la fotografia che si espande su più fronti, l’importante è avere l’onestà intellettuale di dichiarare il fine ultimo della fotografia che vogliamo proporre (discorso comunque lungo, spigoloso e che esula da questo intervento).
Sono certo, leggendo le sue parole, che possa dare consigli a me e Marco in ambito fotografico, nonché spunti di riflessioni per la crescita fotografica propria di un fotoamatore che ama definirsi “evoluto”.
Il mio unico consiglio, se posso permettermi, è quello di non giudicare una persona, in questo caso è più indicato affermare un fotografo, senza averne prima saggiato il background fotografico ed averne scambiato qualche parole. Tutto sommato si è arrogato lei il diritto di giudicare una persona analizzando una sola immagine presente in copertina al blog (almeno è quello traspare dal suo intervento).
Senza alcuna offeso beninteso, certo che il dialogo tra persone mature e iniziali comprensioni possano invece portare ad uno scambio di opinioni maturo e duraturo da ambo le parti.
Belle parole Paolo, davvero molto belle. Ti ringrazio per l’ennesima volta del tuo apprezzamento, sapendo che conoscendomi puoi arrivare ad una conclusione sicuramente più veritiera di chi non mi conosce di persona.
Vero è che probabilmente chi mi ha commentato per primo non ha spulciato il blog…e questo è un peccato. Se l’avesse fatto, forse avrebbe evitato certi commenti, o forse li avrebbe fatti con maggior cognizione di causa, tutto qui.
Torno sulla frase incriminata, e stavolta la spiego sul serio: io NON abuso di photoshop, io lo utilizzo per esaltare quel raw che la mia reflex mi ha generosamente prodotto dopo che le mie mani hanno settato i vari paramentri nel modo opportuno. Mentre scrivo scorre lo slideshow della mia homepage e, cavolo, restassi fulminato all’istante se in una qualsiasi di quelle foto ci fosse qualcosa che il mio occhio non ha visto un attimo prima di scattare. Questo è il punto, non il fatto che alcune ombre chiuse vengano recuperate con PS, non il fatto che un contrasto venga esaltato (moderatamente) in camera raw. Spero veramente che il signor gialloesse torni qui, a leggere me e te e chi altro intenda farsi vivo in questa discussione